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Non è vero che l'Italia sia avara di talenti: ci sono angoli reconditi che nascondono perle rare, basta avere voglia di cercarle.
Stiamo parlando della Sardegna e dei suoi Atrium Animae, duo nato dalla collaborazione di Alessia Cicala (già nei Chirleison) e Massimiliano Picconi, compagni di vita oltre che d'arte, che pur partendo da eredità musicali che spaziano dai Dead Can Dance al Dramma Sacro medieviale, ha saputo virare la tavolozza dei suoi colori verso armonie più oscure e introspettive.
Il primo album, "Dies Irae" (su Projekt), è un lungo cammino nelle gole dell'Averno in attesa del giudizio finale.
Li intervistiamo, qui a due voci, spiriti coesi nella convinzione della forza del loro progetto, ma individualmente definiti e talvolta quasi agli opposti nel loro sentire.
Come e da chi è nato questo desiderio di dare vita al progetto Atrium Animae? Lo considerate come una specie di "figlio oscuro"?
ALESSIA: Nel 2007 stavo lavorando al secondo disco dei Chirleison, ma sentivo la necessità di un cambiamento, di uno strumento per esprimere sentimenti di dolore e inquietudine. Con Massimiliano decidemmo di iniziare a comporre, ponendoci come condizione necessaria un adeguato livello qualitativo delle composizioni, pena l’abbandono del progetto. E’ nato così il progetto Atrium Animae. Da allora abbiamo lavorato incessantemente fino alla fine del 2010. Atrium Animae è sicuramente un figlio oscuro, generato da tutti quei turbamenti dell’anima quali l’inquietudine, la rabbia, l’angoscia.
Il sette è un numero magico che ricorre in diverse forme in Dies Irae. Quanto è importante il senso del sacro e del magico nei vostri lavori e nella vostra vita?
ALESSIA: Il tema trattato, l’utilizzo della lingua latina, e la presenza di testi sacri, può etichettare il disco come sacro, o connesso con il mondo religioso. E’ più complesso. Non è un disco sacro, ma un disco che racconta l’interpretazione del sacro da parte degli uomini.
Come si rapporta un progetto come AA con la scena musicale italiana?
ALESSIA: “Dies Irae” ha avuto una reazione estremamente positiva a livello mondiale, siamo contenti di sapere di essere seguiti anche da persone che normalmente non ascoltano il nostro genere. Nonostante ciò, il pubblico italiano si dimostra in generale scarsamente ricettivo verso progetti differenti da quelli mainstream. E, vivendo in un’isola, ci siamo inoltre resi conto che questo aspetto è amplificato da interessi clientelari o di amicizia. Nella nostra città, a parte eccezioni, non abbiamo avuto supporto.Questo, uno dei motivi che ci ha spinto ad annullare la presentazione ufficiale del disco, valutandone una fuori dall'Italia.
Rimarrete sempre una realtà“da studio”?
MASSIMILIANO: Per ora non ci interessa l'attività live. Stiamo pensando al nostro secondo disco, sempre su Projekt: resta da capire se dedicarci alla seconda parte di “Dies Irae” (probabilmente dedicata all’Avvento della Bestia), o ad un altro tema.
Secondo la vostra sensibilità e alla luce degli avvenimenti del mondo odierno,pensate ci sia una luce alla fine del tunnel? O che la “salvezza” dopo il Giudizio Universale sia davvero per pochi?
ALESSIA: Vivo nella speranza che il male radicato nella nostra miserabile società sia sconfitto.. Sono in forte contrasto col Dio della religione cristiana, che ammette violenza e crudeltà. Spero nella liberazione e nella pace, ma, pur anelando la luce, non credo arriverà. Comporre e interpretare “Dies Irae” è stato un esorcismo, un grido di dolore, una richiesta angosciata di redenzione.
MASSIMILIANO: Non sono interessato ad una Giustizia Divina, o a pene da contrappasso dantesco. Sono più vicino a ciò che Bergman chiamava “il Silenzio di Dio”, il silenzio come unica possibile risposta, la negazione di qualunque manifestazione di segni e opere.
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